UNA FIRMA, UN SOGNO, UN LIBRO. IL MIO
«Ho scritto “Me lo racconti stasera” perché non ho trovato il lievito al supermercato durante il lockdown.»
Potrebbe essere una frase simpatica da dire alle presentazioni del libro per rompere il ghiaccio, per metterci un po’ di ironia e non prendersi troppo seriamente, ma no, io non l’ho detta alla mia prima presentazione, l’ho detta al telefono quando la casa editrice Rosabianca edizioni mi ha contattata per confermarmi quanto anticipato per e-mail: il mio libro era stato giudicato meritevole di essere pubblicato.
Mentre mi stavano leggendo il contratto che intendevano propormi io me ne sono uscita con quella frase e nonostante ciò la chiamata non si è interrotta, anzi hanno continuato a parlarmi considerandomi una persona in grado di intendere e volere.
Non so ancora bene se dare la colpa all’ emozione o all’ incredulità, ma probabilmente è solo da attribuire alle mie proverbiali gaffe, avete presente? La risposta sbagliata al momento sbagliato. Ecco io lo faccio con una regolarità oserei dire imbarazzante.
Come è nato “Me lo racconti stasera” ve lo spiego un’altra volta, oggi voglio raccontarvi della firma del mio primo contratto con una casa editrice, o meglio delle forti emozioni che hanno accompagnato questo traguardo.
Chi scrive la prassi la conosce benissimo, per chi non lo ha mai fatto riassumo in poche righe: mesi con una storia in testa. Post-it attaccati ovunque tranne che nei posti sensati, pezzi di carta di fortuna dove scrivi quella che sul momento appariva come un’idea geniale, che poi finiscono intrappolati sotto una quantità indescrivibile di carte sulla tua scrivania, oppure appallottolati nella borsa, perché si sa, le idee non arrivano mai quando sei seduta al pc, no, arrivano al supermercato mentre stai decidendo se sono meglio i peperoni gialli o quelli rossi e ti ritrovi tra le corsie della verdura a scrivere sulla lista della spesa l’intero prossimo capitolo. Ma alla fine ce la fai, scrivi il tuo libro. Amici e parenti mentendo spudoratamente ti dicono «È bellissimo» così, sentendoti Hemingway, invii alle case editrici il manoscritto ed inizia un’attesa che varia dai due mesi a … ad un tempo imprecisato, e considerando che Hemingway non lo sei passi quel lasso di tempo a controllare la posta ogni cinque minuti. La cosa esilarante è che inizi a farlo esattamente cinque minuti dopo aver inviato quell’ e-mail.
Ecco, io non l’ho inviato a tante case editrici, più precisamente io l’ho mandato ad una sola, quella con il logo più romantico e accattivante che ho incontrato nelle mie ricerche. No dai … così è troppo anche per me, va bene la licenza poetica ma ci sono stati motivi più profondi che mi hanno aiutato nella scelta, uno di questi è che è di Roma, città che io amo e quindi l’ho preso come un segno del destino, ma il motivo vero è che seguivo la loro pagina sui social e tra tante case editrici quella mi trasmetteva onestà, professionalità … insomma qualcosa di pulito, di vero.
Ad essere onesta ero convinta che la risposta sarebbe stata: ‘Grazie per averci provato, ma un corso di scrittura creativa glielo consigliamo con tutto il cuore. In bocca al lupo per i futuri lavori, ma se potesse evitare di inviarceli le saremmo molto grati’.
Ma non è così che è andata. Un sabato sera dopo cena, uno dei primi in cui i congiunti potevano varcare nuovamente la porta delle case altrui e che quindi rivedevo la mia migliore amica dopo mesi, butto un occhio al cellulare: hai un nuovo messaggio.
Apro la posta per cancellare l’ennesima offerta imperdibile - si lo so non era urgente, ma non sopporto di avere la casella postale piena di promozioni, che vi devo dire, ognuno ha le sue ossessioni - improvvisamente tutti i rumori intorno a me scompaiono, non sento la tv, non sento i miei famigliari … il nulla totale. Fisso solo il telefonino.
«È successo qualcosa?» il tono preoccupato di Barbara (memorizzate questo nome perché lo sentirete spesso) mi ha momentaneamente portato alla realtà, ma non mi ha ridato la facoltà di parlare. Gli passo il cellulare … e a lei la felicità non riesce decisamente a togliere la voce. Il suo grido credo che lo abbiano sentito anche a kilometri di distanza.
Fino al lunedì, giorno che sono stata contattata telefonicamente dalla CE come raccontavo all’inizio, non è stato facile restare con i piedi a terra, e per farlo mi sono dovuta ripetere come un mantra «È sicuramente una fregatura.»
Non sono poche le case editrici che ti contattano, solitamente due giorni dopo aver inviato un manoscritto di mille pagine e che quindi è evidente che non abbiano neanche aperto il file, per dirti «Il suo romanzo ha un grandissimo potenziale, può diventare in pochi mesi un best seller, se firma il contratto con noi per la modica cifra di cinque mila euro la facciamo arrivare al successo.» ma ovviamente non è così che è andata.
La telefonata è durata una mezzoretta, trenta minuti che hanno cambiato la mia vita. Dall’ altra parte una voce calma e professionale, fortunatamente il mio interlocutore non sapeva che stavo affrontando il tutto seduta a terra obbligando il mio gatto a starmi in braccio per darmi coraggio, mentre tentavo di apparire professionale e seria.
«Il suo romanzo ci è piaciuto molto.»
«Ho scritto “Me lo racconti stasera” perché non ho trovato il lievito al supermercato durante il lockdown.»
Attimo di silenzio in cui anche il mio pelosetto nero ha ribaltato gli occhi all’ indietro incredulo di tanta idiozia.
Così il trenta marzo ho firmato il mio primo contratto editoriale. Aspettate che lo ripeto, quando altro mi ricapita. HO. FIRMATO. IL. MIO. PRIMO. CONTRATTO. EDITORIALE.
Dico spesso che molte decisioni le prendo seguendo le mie intuizioni, o forse sarebbe meglio dire le mie emozioni; un giorno di sette mesi fa ho deciso di apporre la mia firma in fondo a quelle pagine e posso solo dire di essere orgogliosa di far parte degli autori di questa meravigliosa casa editrice che oltre alla professionalità ha deciso di metterci il cuore, scelta rara e difficile ma che li rende speciali.
GRAZIE A TUTTO LO STAFF DI ROSABIANCA EDIZIONI.
www.rosabiancaedizioni.it